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Gli artigiani dell’immaginazione nell’era Covid-19

di Elena Casaccia - Responsabile Formazione e Comunicazione di Cna Cinema e Audiovisivo Marche

Abbiamo creato la nostra cultura contemporanea sui concetti di prossimità, vicinanza, unione. “Il secolo breve” di Hobsbawm ci ha mostrato che quel muro crollato nell’89 ha chiuso un’epoca di barriere, aprendo a una nuova era, che occupa gli ultimi anni del 900 ma in realtà è già fuori. E a fatica nei decenni successivi abbiamo costruito un orizzonte culturale comune che abbattesse ogni limes e valicasse ogni confine, fisico, simbolico, ideologico. A fatica, ma abbiamo creato un universo di senso sulla parola con.

E ora il Covid 19 ci fa fare un balzo indietro,mirabile dictu, di anni, di secoli. È una situazione d’emergenza, transitoria, certo, lo sappiamo, eppure il nostro buon senso ora si mostrerà nell’essere capaci di trasformarci in tante monadi, piccoli nuclei, molecole che fluttuano senza toccarsi. La parola d’ordine è, e sarà, dividere, separare, in una geometria degli spazi a bassa densità umana, quasi pulviscolare. Sarà una sfida culturale quella che ci attende, e ci chiederà di declinare molte attività produttive in questa direzione, anche il cinema, in tutte le sue fasi, dalla produzione alla fruizione in sala o nei festival. E soffrono le sale cinematografiche, piccole cattedrali abbandonate. Lì un film era rito condiviso, in silenzio, al buio, le teste vicine, i piccoli commenti bisbigliati, e lo schermo un’enorme distesa dove lo spettacolo erail luogo della meraviglia. E non finiva così, seguiva il chiacchiericcio rumoroso all’uscita della sala dove si condividevano giudizi su film, regista, attori, discorsi trascinati spesso a cena davanti a una pizza o un drink con amici o in coppia. Riti sociali collettivi che sembrano davvero appartenere al passato. E soffre anche il set, luogo di condivisione per antonomasia, dove nasce il film e da idea si fa immagine di vita, per dar vita e senso alla nostra esistenza. Qui, come in un piccolo alveare, ognuno ha il suo ruolo preciso, con una sorta di reductio ad unumche vede il regista dirigere tutta l’orchestra. Attori e maestranze, operatori, macchinisti, elettricisti, sarte, costumisti, parrucchieri, e così via per tutti i ruoli artistici e tecnici che vivono nelcinema e dicinema. Tutti fermi, a Roma, dove le produzioni sono vere industrie, e anche qui nelle Marche, dove noi piccoli artigiani, sono poche le produzioni in loco, sembriamo voler sfidare la forza di gravità, nell’indifferenza più totale di una terra ancora poco avvezza alle questioni di cinema. Siamo tutti fermi, tra apocalittici e integrati di fronte all’emergenza, mutuando una metafora di Eco, in attesa di un protocollo che renda percorribile la rinascita di un set, anche ridotto al minimo e certo, con tutte le cautele possibili. Fermi sì, ma tutti pronti a ripartire con l’entusiasmo di piccoli artigiani dell’immaginazione, un po’ come mastro Geppetto, personaggio creato dalla fantasia di Collodi e creatoreinsieme, che ha dato vita al suo tronco nodoso fino a vederlo animarsi e divenire creatura vivente. Perché le storie di cinema sono così. Da un’idea, un pensiero che frulla in testa, ma ancora materia inerte, prendono vita, iniziano a parlare e riescono a dare grandi emozioni. Per questo, noi, non ci arrendiamo.

Elena Casaccia

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Photo Luigi Angelucci